martedì 11 febbraio 2014

meritopazzia

la meritocrazia è tremenda. è fondamentalmente ingiusta, cioè alla base.
per meritocrazia intendo: dare di più a chi è più bravo. Distribuire i beni in base ai talenti e non alle necessità. Si capisce da sé che è una roba tremenda, chi i talenti non ce li ha è beffato due volte (e non lo ha certo scelto lui di non averli o di non saperli far fruttare).
però: l'ingustizia della meritocrazia non è ingiustiza dell'uomo, è ingiustizia del mondo. Voglio dire, siamo costretti ad essere meritocratici, ad incentivare chi ha i talenti rispetto a chi no li ha, *nostro malgrado*, perché fare diversamente sarebbe un totale disastro. È il mondo a costringerci a questi compromessi terribili.

giovedì 6 febbraio 2014

lasciatemi divertire

chissà, a volte mi chiedo.
questo mi chiedo: ma non è che, mentre la scienza (e con scienza intendo proprio scienza, quella in cui quando misuri capisci se hai sbagliato o no) è molto complicata (a volte mi sembra incommensurabilmente complicata rispetto a tutto quanto il resto) ma qualche cosa di concreto lo tira fuori, sia nel senso di *conoscenza* che nel senso di *utilità* (categoria che istintivamente non amo, ma mi sa che sbaglio), tutto quanto il resto (ma proprio tutto quanto) è fuffa?

e, sia chiaro, non è che lo dico perché se così fosse io starei, per diritto di studio, dalla parte dei fighi che sanno qualcosa e sono più intelligenti. Anzi, credetemi, lo dico *nonostante* questo. Infatti io, tra le due parti, scelgo ciecamente la presunta fuffa (perciò spesso -sempre?- penso di aver un po' sbagliato tutto). La scelgo perché mi piace di più. Mi piace di più perché è più facile capirci qualcosa, è più facile divertircisi, è più facile pensare di averne una consapevolezza dignitosa, e così via. Perché, vi dico la verità, almeno per quel che mi riguarda, con la scienza tutto questo mi risulta molto più difficile. Faccio un piccolo e stupido esempio (che starebbe di diritto nella parte fuffa): se prendo un libro oppure ascolto una conferenza su, diciamo, Wittgenstein, certamente sarà una lettura/ascolto un po' pesante, ma certamente se mi interessa e sto attento, se non proprio tutto, almeno qualcosa alla fine avrò capito. E se poi, incuriosito, vado su wikipedia e incomincio a leggere e poi via così, non dico che divento esperto di Wittgenstein, ma insomma, credo di riuscire a farmene, dicamo in una giornata, un'idea abbastanza chiara. Ecco, provate a fare una cosa del genere con un qualsiasi argomento di fisica, o di matematica, eccetera. Vedrete che abbandonerete molto molto presto, e senza aver capito proprio nulla. Morale: è molto più difficle essere competenti nelle scienze. Tanto più che, mentre su Wittgenstein si può dire un po' quello che si vuole senza sbagliare troppo (certo, sto esagerando, e forse ho preso l'esempio sbagliato, ma andiamo avanti), non così in argomenti in cui giusto e sbagliato sono ben chiari.
L'ho detto en passant, ma direi che è il punto fondamentale: la precisione. La scienza (incomincio a stancarmi a parlare con nomi così autoreferenziali e squillanti, dunque da qui in giù non li userò più, anche a scapito della comprensione, siate avvisati) richiede precisione, si parla di cose che hanno una definizione, ci sono cose corrette e cose sbagliate, e l'esperienza sensibile è --per lo meno sul lungo raggio-- sempre sovrana (resti inteso che qui si potrebbe parlare molto di come si costruiscono le teorie scientifiche, di come si *usa* l'esperimento, del fatto che anche qui si possono fare intepretazioni, eccetera. è vero, verissimo. ma concedetemi che si tratta di spiccioli nel'economia di quel che voglio dire). Rimango sempre invece impressionato dall'estrema vaghezza dei discorsi chiamiamoli umanisti. Davvero si riesce ad argomentare quasi tutto. Un fatto storico, ad esempio, è un fatto storico e fin qui non ci piove. Ma per le cause di quel fatto, c'è chi pensa una roba e chi il suo contrario ed entrambi argomentano e spesso usano ragionamenti parecchio simili che arrivano a conclusioni opposte. In filosofia non è nemmeno necessario parlarne: è affascinante leggerne o starne ad ascoltare, ma non dice praticamente nulla cui si possa fare davvero affidamento (tanto è vero che la filosofia è fatta di opinioni di uomini, quasi sempre in disaccordo tra loro), e le uniche cose sensate che dice sono banali. Certo, tutto questo può servire a *fare riflettere* e va benissimo, ma punto e basta. Voglio dire, il prologo di ogni discorso filosofico dovrebbe essere: bene, ora comincio a parlare, ma non so nulla di quel che sto dicendo, non pretendo di arrivare ad alcuna conclusione e parlo solo perché *mi piace* parlare di ciò e rifletterci su. Che è un motivo nobilssimo, per carità! Ma, appunto, io la vedo più simile ad una forma letteraria, che pure aiuta a riflettere (sarei tentato, qui, di buttare fuori tutto quello che posso dire su arte e non arte, che mi divertirei molto --ah, giusto, forse andrebbe detto, ma è abbastanza evidente di per sé, che pure quel che sto dicendo è molto fuffa-- ma sorvolo). La critica storica pure è una forma letteraria. Insomma tutte quelle cose in cui si parla e si parla e ci si diverte e si pensa, ma in cui è chiaro --o dovrebbe essere chiaro-- che non si ha il minimo modo di verificare la validità di quel che si sta dicendo. In questa prospettiva, sono tutti giochi che si fanno per divertirsi e passare il tempo.

Questo è quello che mi dico, a volte. Il resto del tempo semplicemente non ci penso e mi leggo e guardo un sacco di fuffa. Ma ora che mi sono messo a scriverne, vedo che le due cose non sono poi in contraddizione. Il fatto che siano giochi mentali non mi sembra un declassarli, e se ci si diverte a farli, ben venga.

bene, ora sono in pace con me stesso, grazie.

[rileggo. sono stato un po' pressapochista e, quel che è molto peggio, pesante. chiedo scusa (come se dirlo contasse qualcosa)]