giovedì 22 dicembre 2011

non è sempre così semplice come si pensa, ma nemmeno mai

quando ero piccolo e vedevo qualcosa nel mondo adulto e serio che mi sembrava avesse poco senso, pensavo che avesse delle buone ragioni per essere così com'era e che di sicuro qualcuno ci aveva pensato e lo avevo studiato e analizzato e si era giunti per passi a quella soluzione, che, se non era quella ottimale, di sicuro non ce n'erano altre banali a portata di mano. bè dai --mi dicevo-- figurati se è così stupido e non ci hanno pensato.

credo di aver capito che non è sempre così. che quando le cose si costruiscono per stratificazioni, per abitudini culturali eccetera, capita spesso che il risultato a cui si arriva --che poi non è un risultato, ma solo un punto intermedio-- sia completamente idiota, e lo si capisce al primo sguardo. ma le cose stanno così, e magari molti hanno interesse al fatto che stiano così, per cui così rimangono, per quanto idiote siano, anche se soluzioni migliori e banali ce ne sarebbero un milione.

applicazione:
lo dicono tutti, su tutti i giornali, per cui ormai siamo arrivati al punto in cui tutti quanti hanno capito e dunque --si spera-- cambierà qualcosa. ma che sia una cosa stupida, lo si capiva da subito: parlo delle società di rating, quelle che misurano la febbre delle banche e degli stati e ci dicono quali stanno bene e quali stanno male. e fin qui, può passare. il punto assurdo è che queste società sono società per azioni, sono di proprietà di privati e molto spesso le fondazioni bancarie sono tra gli azionisti. dunque i problemi sono (almeno) due: 1.confusione tra controllore e controllato, ossia conflitto di interessi 2.questi ci devono guadagnare! (e qui si aprirebbe una valanga di discorsi a proposito di quali campi è giusto che siano gestiti a fini di lucro e quali no, ma lasciamo perdere) e non è che lo fanno di nascosto o illegalmente, tutti quanti sanno che sono società per azioni e dunque a scopo di lucro..ma quale senso può avere se un loro batter di ciglia può fare il bello e il cattivo tempo di una banca e perfino di uno stato?! quale logica c'è nel fatto di fare giudicare istituti e istituzioni da persone che lo fanno per guadagnare soldi? non solo. avevo detto almeno due. un altro problema è che questi giudici, oltretutto, hanno pure sbagliato clamorosamente in casi come --e dici poco-- il fallimento di lehman brothers. dunque, anche ammesso che lo facciano in buona fede, non sono capaci..e che fanno lì ancora? perché ci crediamo ancora?

martedì 13 dicembre 2011

leggeressere

quando le cose vanno un pochino male, e non si hanno grossi motivi per essere leggeri ed ottimisti e sereni, questi motivi nondimeno si cercano. a volte li si trova, a volte no. a volte sono saldi a sufficienza per superare dignitosamente la fase negativa. a volte invece sono macchinosi e forzati e ci si crede --se ci si crede-- solo per il tempo di una misera nota soddisfacente nella bufera di dissonanze.

dove li si cerca questi motivi?
la prima opzione è cecarli in quel che si ha. magari sono triste perché sono basso, però ho dei bei capelli, dunque mi attacco ai capelli per 'dimenticare' la statura. questa è l'opzione più banale. ognuno ha dei punti deboli e dei punti di forza --(ci) si dice-- per cui se non sono bravo a calcio chi se ne importa, sarò bravo a scacchi.

a me questo sembra tanto una pezza. se sono triste perché sono basso, non dovrei risollevarmi con i capelli, dovrei risollevarmi cercando di capire che non dovrei essere triste perché sono basso. ossia: non credo che per avere dei punti stabili a cui aggrapparsi nei momenti difficili sia utile attaccarsi alle cose che si hanno (intese come cose che si toccano e talenti personali ecc..).
non posso essere contento perché ho dei bei capelli, perché questo significa che quello che li ha brutti è destinato ad una vita triste (se è pure basso lo abbiamo perso definitivamente).
quindi, quel che voglio dire --ma è più una domanda-- forse bisognerebbe trovare motivi per essere sereni *a prescindere* da quel che si ha e dalle proprie qualità. o forse essere contenti di quel che si ha, ma a prescindere da cosa e come sia.
capite cosa intendo? e se poi un giorno i capelli mi diventassero brutti? e se poi non sarò più bravo a giocare a scacchi? non solo, ma in questo modo basta incontrare qualcuno che ha i capelli (cioè il tuo punto forte) più belli dei tuoi, e vai in depressione. e la serenità diventa condizionata ad una gara ad essere più bravi e più belli degli altri: se si è sopra la media, si può essere contenti e sereni, altrimenti no.
è evidente che c'è qualcosa che non va.

è anche evidente che sto dicendo delle banalità, e cioè che è meglio essere sereni che non esserelo, a prescindere da quel che ci capita o che siamo. la cosa interessante sarebbe capire come farlo, e non lo so. ci sono fior fior di religioni e filosofie che ci hanno provato, forse bisognerebbe andare a guardarsi quelle, magari con un po' più di rispetto di quel che spesso gli si porta (parlo per me).

tuttavia, senza scomodare nessuna spiritualità, io credo che sia già di aiuto digerire bene questo, e cioè che è molto facile essere sereni se le cose vanno bene e altrettanto facile non esserlo quando vanno male, ma che si può cercare di prescindere un pochino da quel che succede e cercare di essere sempre più leggeri..semplicemente perché si sta meglio e perché, in fondo, pensando da dove veniamo e dove dobbiamo andare, forse vale la pena cercare di divertirsi, come d'altra parte dicono tutti quelli che già hanno vissuto.