martedì 26 aprile 2011

Cage gioca a dadi? (ovvero, ha senso un'arte insensata?)


ancora sull'arte.
sto finendo di leggere ''Goedel, Escher, Bach'' di Hofstadter, che, nell'ultimo capitolo, affronta -- per quanto un po' di striscio -- la questione del significato nell'arte. da lì prendo le mosse.

non ho cambiato idea, sostanzialmente, da quanto detto un'altra volta, ossia che arte e significato sono aggrovigliati inevitabilmente e che non può esistere arte dove non c'è messaggio, dove non c'è contenuto.
Questo contenuto può essere nelle forme più diverse, può essere più o meno difficilmente accessibile e comprensibile, può richiedere anche sforzi e studio, ma c'è.

mi spiego. l'arte è formata da tante componenti e, per molti aspetti, è una di quelle che si possono chiamare 'parole contenitori', ognuno di noi riempie la parola ''arte'' con concetti e definizioni che più gli sembrano corretti, ma non c'è un concetto di arte universalmente riconosciuto (come accade per molte cose, ma per alcune più marcatamente, e credo sia questo il caso).

la cosa più vicina a quel che penso io dell'arte è: una creazione che cerca di fare arrivare un messaggio, un significato, in un modo che sia più efficace e esauriente e duraturo (ecc...) che il semplice 'dirlo'.
l'arte fa arrivare il messaggio con una carica emotiva che incastra quel messaggio più in profondità nel cervello dell'ascoltatore rispetto alla semplice comprensione logica di quel messaggio. (a volte mi pare anzi che quel messaggio si incastri solo *sotto* la comprensione logica e riamanga totalmente a livello emotivo. Ma è lì, nondimeno). questa è grossomodo la mia definizione.

ci sarebbe moltissimo da dire su questo, ad esempio sull'evoluzione storica delle arti, sul fatto che alcune creazioni sono fatte bene e 'a regola d'arte', ma mancano di un reale contenuto, di una forma di messaggio (e dunque, rientrerebbero nella categoria di artigianato, più che arte -- per inciso, Bach stesso (e i compositori a lui contemporanei) erano considerati artigiani, professionisti di un mestiere e niente 'di più'), ma non credo che mi soffermerò su questo. magari un'altra volta.

Hofstadter pone l'accento su una questione, che mi pare esemplare per quel che intendo dire. Lui parla in particolare di John Cage, un compositore del XX secolo che ha tentato con la sua opera di ridare il suono al suono, senza alcuna regola, senza alcun codice sottostante, senza alcun criterio estetico e tentomeno -- appunto -- etico o in alcun modo sensato. 'Musica aleatoria' è chiamata, proprio per dare l'idea che non c'è alcuna regola che possa lasciar trapelare un significato. Il suono *è*. e basta. (Il fatto che sia pressoché inascoltabile pare non fosse un problema per lui)
Una cosa simile vale anche per l'astrattismo in pittura. Non so se dico cose corrette o se sia il nome giusto..insomma intendo quei pittori che dipingono geometrie di colori, alla Mondrian. Lì scompare la 'rappresentazione', il dipinto cessa di essere un simbolo di qualcosa, e perde (almeno superficialmente, io credo) il suo valore di significato, diventando 'solo' pura pittura.

Questi tentativi di de-simbolizzare l'arte, di depurare la creazione da un significato 'umano', di togliere persino la carica emotiva e lasciare, o voler lasciare, solo l'oggetto o il suono che sia...questi tentativi, per avere effetto, sono validi solo quando al visitatore del museo (o al pubblico dell'auditorio) questi tentativi sono stati *spiegati*. O meglio ancora, dal momento stesso che quell'oggetto si trova *nel museo* con l'etichetta dell'autore, da quel momento in poi nasce un 'patto' tra visitatore e artista, una cornice (e il termine non è casuale) all'interno della quale quel quadro ha un significato, che è proprio quello che ho spiegato prima, ossia quello di voler de-simbolizzare l'arte. Tanto è vero che questi quadri sono *spiegati* nei libri o nei cataloghi della mostra. e se sono spiegati, significa che qualcosa da spiegare c'è, eccome. Anzi, paradossalmente sono più da spiegare questi quadri ''senza senso'', piuttosto che --mettiamo-- un quadro di Magritte, che invece dice abbastanza chiaramente quel che deve dire, mettendo in moto immediatamente il ragionamento del pubblico.

quel che voglio dire, o ribadire, è che non si può togliere un senso 'umano' dall'arte, altrimenti cessa di essere arte. Se io, mister nessuno, dipingo due righe su una tela e la metto vicino ad un cassonetto, nessuno la noterà (cioè io). Non è arte questa. Se invece riesco in qualche modo a farla rappresentare in una mostra, allora lo diventa. Perché? perché lì, appeso, quel quadro ha un significato, fosse anche il solo signficato di non avere senso!

(pensate anche a questo: quante volte è il *titolo* di un quadro a fare partire, insieme al quadro stesso, i vostri ragionamenti e le emozioni ad essi legate? Questo è sintomo del fatto che il messaggio è la chiave della creazione artistica. Spesso si sentono artisti, o presunti tali, rispondere alla domanda Ma qual è il senso di tale opera, ecc.., Il senso è quello che le dà ognuno di noi guardandola. A me non piace questo. E' vero che ognuno di noi può 'variare sul tema' e andare anche molto lontano dal punto di partenza, ma il punto di partenza ci deve essere. Una scintilla di senso voluta e pensata dall'artista è necessaria, altrimenti posso ugualmente guardare le nuvole, o un albero o un qualsiasi scarabocchio fatto da chicchesia (non appeso al muro di un museo, s'intende))

venerdì 1 aprile 2011

telefusione

c'è chi la guarda per rimbambirsi un po' e non pensare ad altro, un cucchiaio per svuotare la testa.
c'è chi la guarda per passare il tempo, perché ha bisogno di parole in sottofondo per non farsi prendere dall'ansia che aspetta al varco di ogni momento vuoto.
c'è chi la guarda perché gli piace
c'è chi la guarda ma dice di non guardarla
c'è chi non la guarda perché non ha tempo
c'è chi non la guarda perché non gli piace
c'è chi non la guarda perché ha paura di rimbambirsi
c'è chi non la guarda perché così sa che lui può farne a meno
c'è chi non la guarda perché dire che la televisione fa schifo è quasi più di moda che guardarla
e così via

io le ho fatte un po' tutte queste cose. e devo dire che le peggiori, o meglio le più pietose, sono quelle di non guardarla per partito preso o di guardarla ininterrottamente fino a perdere coscienza di se stessi e delle proprie opinioni, cioè in maniera acritica.

a me piace la televisione. è una grande opportunità. quelli che dicono che si starebbe meglio senza, che la telvisione fa schifo...secondo me non ci hanno pensato, o lo hanno fatto superficialmente.
E' vero, molte cose fanno schifo in televisione, tipicamente quelle più guardate. Ma ci sono tante cose belle, di qualità, che davvero non solo vale la pena vedere, ma aiutano, aiutano, aiutano, informano, formano, costruiscono, insegnano, o anche solo divertono senza cattivo gusto (pagando il canone però! altrimenti sì che rimangono solo stronzate). non si starebbe meglio senza, si starebbe molto peggio.

Poi: io sono a favore dell'effetto cucchiaio. Che male c'è a volere staccare la spina per un po' guardandosi una stronzata? l'importante è non crederci troppo, non farsi risucchiare dal meccanismo, non fare fondere il proprio cervello con lo schermo. l'importante è non diventare dipendenti da un programma. l'importante è non confondere gli approfondimenti di cronaca con un telefilm, come ahimè ci spingono a fare, aspettando il colpo di scena nella prossima puntata. queste -- e tante altre -- sono le cose schifose della televisione. ma non è tutto lì. bisogna filtrare, scegliere, ponderare, con attenzione e cura. e, come vale spesso (o sempre), bisogna diffidare delle cose troppo sgargianti e spettacolari, come madre natura ci insegna da sempre.
(come mi piacerebbe avere uno di quei macchinini per l'auditel (ancor mi sfugge come funzioni il meccanismo e come facciano a fare una statistica corretta con un campione così piccolo))

non si può 'buttare via' la televisione...è come dire che internet fa schifo e che si stava meglio prima: non so se si stesse meglio prima -- io non credo -- ma comunque ormai è qui ed è un'enorme opportunità. Non è perché molti la usano male che l'opportunità diventa una schifezza da sbattere fuori dalla porta! comunicazione, condivisione, collaborazione...sono ancora belle parole.

e comunque, i libri ci sono ancora.