lunedì 24 gennaio 2011

il lupin di lambrate

ho visto il film su Vallanzasca.

Esagero (ma poi non tanto): sembra un film d'azione all'americana con il bandito brillante e intelligente, gentiluomo, più 'giusto' di tutti quanti gli altri personaggi, anche del giudice del tribunale, dove i cattivi sono i poliziotti, cattivi e stupidi, stupidi come i compagni di banda di vallanzasca, che se non fosse per loro che ne combinano di tutti i colori, se non fosse per loro il bel rené di sicuro non l'avrebbero beccato, quegli stupidi di poliziotti.
E tutti quanti gli vogliono bene, e anche lo spettatore -- è inevitabile -- finisce per provare una certa ammirazione, e pure un po' di invidia.

dunque: il placido michele poteva anche chiamarlo lupin e dargli un accento francese anziché milanese, e non ci sarebbe stato problema: a chi non piace lupin? ma lupin non ha mai ammazzato nessuno, sul serio.
è tutta questione d'accenti. e qui si capisce molto bene l'accento del regista, anche se ha dichiarato il contrario.
Sembra che Placido voglia utilizzare il fascino del protagonsita per ammiccare al pubblico, più che per una reale presa di posizione.

Non è un accanirsi contro Vallanzasca, non conosco la storia, e per quanto ne so potrebbe davvero essere stato come è dipinto nel film, bello, brillante e vincente: questa non è una critica a lui. Quel che critico è la presa per il culo dei poliziotti, l'aria da fiction, i personaggi caricaturati...il fare finta che sia finto, sapendo che tutti sanno che è vero. Quindi non mi da fastidio tanto il punto di vista da cui la storia è presa, quanto il modo in cui è raccontata.

venerdì 21 gennaio 2011

democritica

io ve la butto lì, sono troppo pigro per pensarci sul serio.

Mi ha sempre stupito il seguente fatto: in democrazia vince, e dunque comanda, chi è eletto, giusto? ma per essere eletti non sono richieste competenze specifiche, l'unica cosa che serve davvero è sapere farsi eleggere.
Qui, da completo ingenuo, ho sempre visto un qualcosa che non va: perché per avere un misero lavoro malpagato ormai non basta più nemmeno una laurea, mentre per avere posti politici anche di potere quello che serve è sapersi vendere, avere un certo tipo di carattere, crearsi conoscenze, amicizie, farsi pubblicità...sono queste le qualità che vogliamo da chi deve comandare?? poi ci si lamenta perché c'è corruzione, doppiogochismo e quant'altro...ma non è insito nelle regole del gioco?
bah, sono sempre stato scettico sulla democrazia. non contrario, solo scettico -- e certo non solo per questo motivo.
ok, mi rendo conto che è poco più (oddio, forse meno) che uno sbotto, tant'è.

dream out loud

Non respingere i sogni perché sono sogni.
Tutti i sogni possono
essere realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno. Se sogniamo
che la pietra è pietra, questo è la pietra.
...Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare, l'acqua, cristallina.
La realtà traveste
il sogno, e dice:
"Io sono il sole, i cieli, l'amore".
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere che è più che un sogno.
E viviamo sognandola.
Sognare è il mezzo che l'anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.
Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra.

Pedro Salinas

martedì 18 gennaio 2011

piccolo pensiero notturno

Oggi ho comprato un librino di Otto Karolyi: 'la grammatica della musica'. Lo stavo sfogliando, in treno, e ho cominciato -- come sempre faccio quando compro un libro, anche se so che non posso ancora cominciare a leggerlo, ma giusto così, per assaggiarlo un po' -- a scorrere la prefazione. prima riga: la musica è arte e scienza allo stesso tempo.

Mi sono subito fermato, ho posato il libro. L'ho ripreso, sono andato velocemente a controllare se per caso argomentasse quella sentenza, oppure se semplicemente la riteneva evidente di per sé. Nessuna spiegazione, il discorso continuava da quella ipotesi.
Ho ri-posato il libro.

Troppo facile. Buttare lì, sulla carta, come prima riga, una frase che suona bene e che ammicca, una di quelle frasi che 'sì va bè ci può stare, non fare tanto il precisino', ma in realtà nascondono tutto un mondo.

Parto subito dalla fine: io credo che sia sbagliata. Non ci ho pensato a lungo, lo ammetto. E ammetto anche -- o piuttosto avviso -- che non porterò qui grosse argomentazioni a questo riguardo.

C'è solo un senso per il quale potrei forse acconsentire ad ammettere che la musica è scienza, ed è il seguente: la musica è qualcosa che è nella natura, e viene 'scoperta' e liberata dalla teoria 'scientifica' musicale.
Ma io non credo che sia così. O meglio, può anche essere, ma questo non fa di lei una scienza. Questo vuole solo dire che la musica ha una base empirica. Una teoria scientifica che spiegasse come le onde sonore interagiscono col nostro sistema nervoso per dare luogo alle sensazioni che proviamo..questa forse sarebbe scienza, ma sarebbe una branca della neurologia piuttosto che della musica.

Non si può dire che la musica è scienza solo perché alla sua base stanno regole precise, rapporti di frequenze...ecc...sarebbe come dire che la pittura è una scienza perché usa la prospettiva (quando la usa), oppure che l'ingegneria è scienza perché usa formule per fare stare in piedi gli edifici. Non basta questo per fare di un'attività una scienza. così come non basta un po' di fantasia per fare dell'arte.

Bene, ci sarebbe moltissimo da dire e ancor più da pensare...e vorrei tanto farlo. Ma è tardi e gli occhi cominciano a non dare più retta.

sabato 8 gennaio 2011

diamo a Novaro quel che è di Novaro

sorelle e fratelli d'Italia, ho scoperto, con sommo disappunto, la seguente:
Goffredo Mameli -- poeta e patriota genovese -- ha scritto le parole di quel che lui chiamava Il canto degli italiani, e che tutti conosciamo come Inno di Mameli, ma non la musica (bè, tecnicamente già lo sapevo, ma non mi ricordavo e comunque non mi aveva fatto tanta impressione allora...saranno i festeggiamenti?tanto meglio).
Ora, a me piace molto il nostro inno, è come credo un inno dovrebbe essere: fiero, orgoglioso, forte e ispiratore di sentimenti patriotici. Ci sono inni più meditativi, più placidi...non mi piacciono, l'inno deve essere felice e positivo.
Ma lasciamo da parte quel che penso io degli inni.
Sta di fatto che la forza del nostro inno non sta tanto nelle parole (che pure a me piacciono, anche se le ultime due strofe parlano di cose evidentemente lontane dal sentire comune dell'Italia d'oggi) quanto nella musica.
Dunque, l'ho presa larga ma ora sono al punto, che già avrete capito: la musica è scritta da tale Michele Novaro, anch'egli patriota e genovese, del tutto sconosciuto ora e allora.
Per lo meno io ignoravo del tutto questo nome. Mi riprometto d'ora in poi di chiamarlo sempre Inno d'Italia (come si dovrebbe sempre, perché chiamarlo inno di Mameli o di chicchesia è già un po' staccarsene) oppure -- se proprio -- inno di Novaro, e comunque di "diffondere" la cosa, per dare a Novaro quel che è di Novaro. Non che abbia nulla contro Mameli (tra l'altro il poveretto è morto a soli 22 anni, nei giorni della Repubblica Romana). Dico solo che una stradina a Novaro gliela si potrebbe anche dedicare, visto che non solo lo facciamo con Mameli, ma pure -- e mi sono sempre chiesto perché -- con un bombarolo e assassino come Felice Orsini.

edit: vedo che in effetti esiste via Michele Novaro in alcune (poche) città, per lo meno a Milano e Genova. Evviva! resta solo da toglierla ad Orsini.

mercoledì 5 gennaio 2011

.....noialtri

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...
ii. scherzo ma non troppo

piace piacere.
per questo ci si veste in un certo modo, ci si pettina in un certo modo, ci si abbronza in un certo modo, e via dicendo.
anche essere ascoltati piace. spesso mi accorgo di quanto sia raro trovare qualcuno che ascolti. non sto dicendo di qualcuno che sta zitto mentre stiamo parlando e nel frattempo pensa al suo prossimo discorso, che a volte non centra nulla con quel che gli stiamo dicendo. Sto parlando di gente che ascolti sul serio e che magari sia pure un po' interessata.
Ma quel che piace, quel che lusinga (quasi) allo stesso modo che essere ammirati fisicamente (o forse è meglio dire sessualmente) è essere ascoltati, non ascoltare. Anzi, forse mi sto sbagliando, forse non importa molto neppure essere ascoltati davvero, ma semplicemente poter raccontare a qualcuno. Comunque..il principio è lo stesso: protagonismo, affermazione di sé, autostima, egocentrismo.

E' normale essere egocentrici, direi quasi -- volendo essere pignoli, e io lo sono -- che il concetto di persona porta con sé avvinghiato il concetto di egocentrismo, ed è difficile immaginare l'una senza l'altro e viceversa. Ma allo stesso modo è difficile immaginare l'idea di singola persona senza immergerla, per poi isolarla, nell'insieme delle persone. E l'egocentrismo è dunque la naturale conseguenza di essere persone singole in una comunità di persone. Non so quanto questo sia un bene o un male, così è.

Però.
paradossalmente questo stesso egocentrismo, che intendo nel suo significato di voler piacere agli altri e una cui componente importante è evidenetemente piacere agli altri sessualmente, questo egocentrismo ci sta portando non ad essere tutti diversi, non a differenziarci nelle nostre peculiarità, non a voler imporre -- da buoni egocentrici appunto -- il nostro modo di essere ed essere apprezzati per quello, ma piuttosto ci sta pian piano omogeneizzando, facendo sì che siamo noi a modellare quel che siamo in modo da piacere di più, secondo un gusto più o meno comune.

Invece di costruire qualcosa da dentro, prendiamo il pacchetto pronto e lo usiamo. è più facile, è più veloce e garantisce in media il risultato.

domenica 2 gennaio 2011

noialtri -- opera sbuffa in troppi atti

preludio
poco fa ero in auto, con mio fratello. Stavo guidando e, al solito, accendo la radio. Radio3, come sempre da parecchi mesi ormai. Ma c'è qualcuno che canta, il che non mi entusiasma, e poi mio fratello è un po' insofferente a questo tipo di musica. Pesco a casaccio tra le decine di cd sparsi lì da qualche parte in basso alla mia sinistra, beethoven, dai, vediamo se c'è qualcos'altro così mio fratello è più contento; chopin, tchaikovsky..i rem. ok vada per i rem.
Il disco è NewAdventuresInHiFi, lo ascoltavo mille anni or sono, e non so nemmeno bene perché sia lì, dato che ero convinto che l'unica alternativa a beethoven e chopin fosse il concerto per violino di tchaikovsky, oppure deandré (ed era questo che volevo mettere, alzando ben di poco il gradimento del pubblico).
Scorro un po' le canzoni, e mi torna in mente il perché il disco fosse lì: semplicemente un po' di mesi fa mi era venuta in mente una canzone, BeMine, e ho preso il disco in macchina.
Inizio a pensare che è un album niente male e che mi piacciono i rem. «bè, non sono male i rem, no?» «no, no, sono bravi. credo che siano considerati un po' monotoni, noiosi.»


atto i
Quante volte mi è capitato questo? Questo fatto del 'sì, bello, ma noioso' intendo. E forse, pensavo, forse non è un caso. Pensateci un attimo: sta diventando tutto palloso. Partiamo dal più drastico: quante sono le persone che provano gusto a leggersi un libro intero? Ok, moltissime, ma lo sappiamo tutti che -- in Italia in particolar modo -- si legge sempre di meno, i ragazzi hanno sempre meno voglia di mettersi seduti a leggere un libro. Quante quelle disposte a leggere i quotidiani? intendo leggere, non sfogliare e guardare le figure o mozziconi di titoli. Quanti coloro che ci provano davvero gusto ad ascoltare una sinfonia? o anche solo una modestissima sonata? quanti che hanno voglia di mettersi a guardare addirittura un'intera opera?
molto meglio una canzone, la tensione si crea e si appaga nell'arco di pochi minuti, richiede -- parlo della media delle canzoni -- pochissimo sforzo da parte di chi ascolta, la struttura musicale è così scarna da essere percepita come piacevole da qualsiasi tipo di orecchio, e se proprio non ho voglia di applicarmi, allora posso anche non ascoltare le parole. 4 minuti, tutto finito, che bello.
Non fraintendetemi: a me piacciono moltissimo le canzoni, e altrove sono pure arrivato a sostenere che la canzone è la mia forma d'arte ideale. Sto solo dicendo che oggi la filosofia imperante è che meno ci si sforza per arrivare ad un appagamento, meglio è. Questo non tiene conto che forse con un po' più di impegno, l'appagamento potrebbe aumentare. Avete capito cosa voglio dire.
Mi viene in mente il discorso che fa Baricco nel suo libretto 'i barbari', che potete trovare anche sotto forma di spiegazione/racconto dello stesso Baricco su youtube, un suo leitmotiv che spunta un po' ovunque nelle sue riflessioni sociali: le nuove generazioni trovano il senso del loro percorso di vita nella velocità, strappano piccoli pezzi di senso in moltissime azioni e velocissime. Al contrario, il vecchio modo di apprezzare le cose, di trovare un senso nelle cose, era fermarcisi, sforzarcisi sopra, scavare a fondo fino a farle proprie e poi, solo allora, rialzarsi e muoversi.
Questo paradigma di distinzione tra velocità e profondità sembra in effetti essere una cornice in cui entrano agevolmente le considerazioni che facevo poco fa.
Pensate ai film campioni di incassi: spettacolo, azione, effetti speciali, esagerazioni. Prendete un film come 2001 Odissea nello Spazio e fatelo vedere ad un ragazzo (diciamo che non lo conosca già)...niente di più palloso. Prendete un libro che non sia una storia o un giallo, ma un saggio, che faccia discorsi e ragionamenti. Noioso. Prendete un pezzo di musica classica, togliete i 30 secondi stranoti -- magari perché hanno contribuito a far vendere una lavatrice. Il resto: noioso. Mi sembra proprio che si stia andando verso l'uguaglianza complesso=noiso.
Non solo nei gusti "artistici". Preferiamo l'insalata già confezionata, già lavata, con il suo bell'involucro di plastica, perché è più facile, più veloce, meno 'sbattimento' per prepararla e per comprarla. Ma la qualità?
Non so, ma la tentazione di lasciarsi andare al pensiero che la qualità sta proprio dove i più ci vedono la noia, è forte.
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