lunedì 28 maggio 2012

nomina sunt

mi è venuto in mente un altro esempio (di quello scritto qui sotto) che mi piace: i nomi.

l'altro giorno ho visto una foglia sulla terrazza. era una foglia di ginko biloba. e non ricordavo di averne visti (di ginko dico) lì intorno, quindi mi sono messo a guardare giù dalla terrazza tutti quanti gli alberi per vedere se riuscivo a beccarla. non l'ho trovata, ma è stato carino stare un po' lì a guardare tutti gli alberi, tigli, aceri, magnolie. ed è finita lì.
più tardi --o forse subito-- mi sono sorpreso a pensare che senso possa avere sapere il nome degli alberi. uno sa il nome degli alberi e ha la parvenza di conoscerli, ma non è vero. non è che perché so che quel tale albero si chiama ginko biloba io conosca meglio quell'albero o quella specie. per conoscerla dovrei sapere come sono fatte le foglie, i fiori, qual è la sua storia, dove vive..e così via, il nome è una convenzione che non ha sostanza.
bene, non fa una piega, tutto vero (sono un nominalista convinto, come più o meno tutti immagino).
d'altra parte, nonostante non contenga alcuna informazione sul 'chi sia' quell'albero, il nome è importante. senza sapere i nomi io non mi sarei soffermato su quella foglia, sorpreso di vederla lì. non mi sarei guardato in giro, eccetera...conoscere il nome di qualcosa non vuol dire conoscerla, certo; ma non la si può conoscere se prima non la si addomestica, la si avvicina, nominandola. conoscere i nomi a questo serve, a renderci domestico un qualcosa che prima non lo era..è un avvicinamento alla cosa, indispensabile alla conoscenza 'sostanziale', è un pacchetto che può sembrare rigorosamente superfluo e invece è spesso il lasciapassare di quel che importa.

e devo ammettere che questa convinzione --di questo si tratta-- mi rende i nomi molto simpatici, mi sembrano quasi un modo per rendere più intimo e meno lontano tutto quanto ci sta intorno...e invece che vederli come etichette, mi sembrano più come bigliettini che accompagnano un regalo.

venerdì 18 maggio 2012

il pacchetto e il regalo

ieri era l'anniversario della morte di luigi calabresi. dell'assassinio. e stavo guardando, a sera tardi, uno speciale di minoli, di qualche anno fa, che davano su rai3. c'era il figlio che parlava (il direttore de la stampa) e raccontava di quando, nel 2004, ciampi ha deciso di dare una medaglia al valore a suo padre (non di ciampi) --e ad altri-- con un cerimonia al quirinale.
lui --mario, il figlio-- era scettico. non aveva mai creduto in queste storie, era (è) un tipo che bada alla sostanza e non ai rituali, alle cerimonie, ai momenti istituzionali. ma, ovviamente, andò comunque, e --dice-- capì di essersi sbagliato fino ad allora, che non è vero che il rito non serve. che spesso non basta la sostanza, o meglio la sostanza, senza momenti in cui coagularsi ed essere rappresentata, può disperdersi e non riuscire a sostenersi da sola. la medaglia la si può pure buttare il giorno dopo, l'importante è quel momento collettivo in cui si riconosce quel contenuto. la medaglia è un pretesto, per avere qualcosa di concreto da fare lì, in quella cerimonia. l'importante è che ci sia quel momento, in cui la memoria di calabresi trova rappresentazione e si concretizza per poter durare più a lungo.

è una roba che è capitata anche a me. voglio dire, a me non in un'occasione specifica, ma ad un certo punto (e senza troppe sfumature) ho capito che anche se razionalmente il rito è insensato, ha una sua forza. la medaglia, il pacchetto il rito la decorazione, ad una testa come la mia, dava fastidio: mi pareva un orpello inutile. se c'è la sostanza, mi dicevo, allora il pacchetto è in più ed anzi, la sporca. se non c'è, il pacchetto è un'ipocrita presa in giro. il secondo caso è indubbiamente vero: l'errore sta nel primo.
rimane il fatto che il regalo vero è quello che sta dentro al pacchetto, e se manca quello, non c'è rito che tenga. ma quanto è importante la sorpresa, il bigliettino, lo scartare!...sono tutti riti che danno un spinta al contenuto.

d'altronde, il concetto stesso di regalo è il pacchetto di qualcos'altro, che sia affetto, stima, amore. quella è la sostanza. in effetti, alcuni pensano che i regali siano inutili: se c'è l'amore, cosa può aggiungere un insignificante ed inutile convenzione come 'il regalo'? invece non è così, quello è il lato sbagliato da cui guardare la cosa. (ed è vero solo nel caso in cui si facciano regali perché *lo si deve fare*)
i regali (e i pacchetti dei regali) sono i momenti in cui quel sentimento (se c'è) ha una spinta, una boccata di emozione, una rappresentazione. e sono molto importanti, con buona pace delle teste rigide dei razionalisti.
e, se ci pensate, in fondo l'arte stessa non è altro che un modo di impacchettare al meglio possibile un contenuto, un modo di fare un'iniezione di emozione ad un'idea, ad un significato che, da solo, non avrebbe la forza di sfuggire al tempo e alla banalità.

sabato 12 maggio 2012

eros e thanatos

l'altra sera sono andato al cinema a veder MaHlEr, di KeN rUssEll -che consiglio, ma non è di questo che voglio parlare. c'è una scena, uno dei tanti sogni-ricordi-episodi, in cui aLmA (la moglie) corre nel bosco e va a seppellire gli spartiti delle sue canzoni, che il marito avevo snobbato e deriso. la colonna sonora di quella corsa+sepoltura è quella che trovate qui sotto, il LIeBEstOD del TrIsTaNo di WaGnEr. avevo già visto il film prima, ma non mi ricordavo ci fosse questa musica e mi ha colpito. e devo dire che mi è andata direttamente ai nervi, con tanto di pelle d'oca, groppo in gola e tutto quanto.
ripensandoci, più tardi, ho provato a capire cosa era stato. no, lo so cosa è stato, intendo dire cosa fa di una musica (o un quadro, insomma, ci siamo capiti) una cosa tanto potente. e ho individuato almeno due cose fondamentali: il riconoscere. il significato.
riconoscere: sono sicuro che chi guarda il film ma non conosce questa musica, non ne rimane colpito. verosimilmente non la nota neppure (almeno non *consciamente*) e si guarda la scena. se la nota, al massimo può pensare che sia bella (o brutta). proprio bene bene che vada gli fa venire un po' di brividi, ma questo deve essere proprio un sentimentalone. riconoscere quella musica è fondamentale, è come se dentro ci fosse già un posto creato da quella musica, la sua zona, il suo nido che è pronto a prenderla e a coccolarsela.
significato: tolto il significato che questa musica ha, le si toglie gran parte del fascino, della forza. per tutte quante le musiche è così: questa ha un significato specifico, visto che fa parte di un'opera e c'è una vicenda che le note raccontano, ma il significato può anche essere del tutto soggettivo, un po' come l'odore di pioggia nel bosco ti ricorda un momento particolare, che ha voluto dire per te qualche cosa.
questa, dicevo, ha un significato specifico e particolare...forse anzi è uno dei pezzi di musica che più si portano dentro un qualche cosa, anche se spiegare cosa sia lo rende un po' banolotto, come vedrete. (sarò più veloce possibile)
siamo alle ultimissime note dell'opera, del racconto. non so se sapete la storia di tristano e isotta..ma non importa, è quasi uguale a quella di giulietta e romeo: amore vivo, ma impossibile, possibile solo nella morte. e la scena finale è appunto la morte di isotta sul cadavere di tristano. dunque questa musica si porta dentro un miscuglio inestricabile di amore e morte, di ascesa e decadenza..o forse sarebbe ancora meglio dire amore *nella* morte e ascesa *nella* decandenza (liebestod vuole appunto dire morte d'amore). e la sua stessa struttura ricalca questa impossibilità...per tutta l'opera la musica è stata un continuo creare tensione senza mai raggiungere una soddisfazione, senza mai raggiungere una pace (in effetti, se proprio devo direlo, l'opera è pallosissima). solo qui (precisamente al quarto minuto e poi -e definitivamente- al quinto) wAgNeR finalmente vi da quello che aspettate, un po' di piacere, un po' di pace, che è -insieme- l'amore e la morte, i due veri opposti. pelle d'oca assicurata.