mercoledì 18 aprile 2012

alle prese con corsi e ricorsi di bellezza, e non

esistono delle cose belle ma fredde. voglio dire, bellezza di per sé non vuol dire profondità né significato né stimolo. dunque, esistono delle cose belle, il solo assistere alle quali provoca piacere, ma esistono delle cose che sono belle e hanno anche qualcosa in più, una specie di calore. anzi, dirò di più, le cose che sono troppo belle, impeccabili, costruite al millimetro, quelle sono proprio le candidate a perdere o a non avere quel calore.
se diamo uno sguardo alla storia dell'arte, vediamo che ci sono dei fenomeni che capitano di continuo, a volte su scala epocale e mondiale, ma di certo accade innumerevoli volte se andiamo a vedere la singola arte o addirittura il singolo artista. il fenomeno è questo: il continuo oscillare tra il lento e paziente costruirsi di un paradigma di metodi per fare arte fino al raggiungimento --di solito compendiato in un artista che diventa simbolo e riassunto di un'epoca-- di una candida, razionale e impeccabile bellezza (che però ha dimenticato i significati e le emozioni da cui tutto era partito) e l'insinuarsi di aspetti tumultuosi, passionali, emotivi, irrazionali che pian piano sporcano e minano l'architettura perfetta della pura bellezza fino al rifiuto pressoché totale degli strumenti tecnici che avevano reso possibile quella perfezione. si giunge così a due strade: una tipicamente porta al prevalere di una passione che si ritrova a vivere in rappresentazioni di linguaggio banale e spesso volgarmente spettacolare e ammiccante, l'altra non fa altro che ricominciare il respiro, muovendo i primi passi verso la costruzione di un nuovo paradigma.
e a me pare che i risultati di gran lunga più interessanti e forti si raggiungano quando quella bellezza pura viene sporcata e crepata dall'interno da quei torrenti emotivi ed irrazionali, lì sta il momento in cui l'arte è bella ed interessante insieme. la pura bellezza è piacevole ma non scuote, non insegna, non aggiunge nulla all'animo dello spettatore. la pura passione, nella banalità degli strumenti espressivi, diventa fastidiosa e piaciona e perde ogni eleganza formale che è prerogativa della bellezza.

volevo semplicemente ricordare qui un paio di esempi nella storia dell'arte nei quali siamo noi italiani a giocare il ruolo degli 'sporcatori', di coloro che danno un po' di vitalità e di colore alle forme troppo perfette di qualcosa che ormai era diventato ''classico''.

un esempio è nella musica barocca. nel cinque/seicento il centro della musica occidentale erano i paesi bassi. il paradigma (raggiunto a fatica durante un processo che attraversa sommessamente tutto il medioevo e fiorisce nel quattrocento) era quello della grande polifonia: delle vere e proprie cattedrali di musica, che nulla avevano da invidiare alle loro corrispettive tangibili, dove si incastrava una voce sull'altra, una linea melodica sull'altra fino a costruire immensi e scintillanti edifici sonori. già da tempo, tuttavia, c'era qualcosa che si muoveva sotto, lontano dalle cattedrali e dai luoghi della musica seria. ed era una voglia di melodia, pura e semplice melodia vocale, piacevole, cantabile e semplicemente accompagnata da un sottofondo strumentale. non più 4 o 5 (a volte molte di più) melodie che si incastrano e si rincorrono in un intreccio complesso, per quanto perfetto. e siamo noi italiani a dare voce (è il caso di dirlo) a questi ribollimenti popolari, con la nascita del melodramma, un po' in tutt'italia ma soprattuto nella scuola romana e ancor più a venezia. continueranno ad esistere i compositori di musica polifonica perfettamente costruita (almeno fino a bach, che in effetti chiude il ciclo della polifonia come paradigma musicale) ma la direzione della musica, di quella vocale così come di quella puramente strumentale, è ormai un altro, ed è quello di una melodia (che sia cantata o suonata) accompagnata. la voglia di semplicità e di immediatezza aveva così distrutto quegli edifici bellissimi e perfetti, ma vuoti, tenuti in piedi non da significati, non da emozioni (da dove, invece, tutto era cominciato, nell'alto medioevo sinceramente spirituale) ma da tecnica. haydn, mozart, beethoven e tutto il romanticismo musicale, sono figli di questa rivoluzione del gusto, di questa distruzione della forma polifonica ad opera dei musicisti italiani del cinquecento e seicento, come monteverdi, frescobaldi, vivaldi, che predilegevano la bella e piacevole melodia su tutto il resto.

l'altro esempio è un pochino più indietro nel tempo, e precisamente quando la grandezza dell'arte greca (detta, appunto, classica) si scontra e si fonde con i romani, quanta espressione acquistano i volti scolpiti! quanta più umanità, dolore, emozione si percepisce in quelle statue rispetto all'apollinea perfezione dei vari discoboli, aurighe e compagnia bella!
ma ora come ora, non ho più voglia di scrivere..quindi lascio tutto qui a metà e me ne vado a bere il tè. non prima di dire, però --se per caso non si fosse capito-- che io preferisco di gran lunga gli aspetti irrazionali, lì sta il significato, lì sta l'emozione, lì è il punto in cui l'artista è consapevole di stare facendo qualcosa perché la reputa importante e piena di suggestioni..è molto più utile una roba brutta ma piena di vita e di cose da dire, piuttosto che una bellezza piena solo di tecnicismi. (non dovevo dire utile)