mercoledì 26 ottobre 2011

tiger tiger burning bright

in the forest of the night. eccetera.
ve la ricordate questa filastrocca di --oddio, ho un vuoto di memoria-- va bè, non mi viene proprio in mente; poi la cerco.
la bellezza della tigre.
evidentemente quello che si vuole mettere sotto gli occhi, e di cui la tigre è simbolo, è la bellezza incastrata in qualcosa di terribile. forse anche un po' di più: la bellezza della tigre, il suo fascino, perderbbero molto senza la sua ferocia; dunque non è bellezza nonostante la ferocia e il terribile, ma fusa con questi. 'fearful symmetry' dice poco dopo: è la simmetria stessa (qui sinonimo di bello, di qualcosa di positivo) ad essere spaventosa.
dunque, la domanda è questa: è possibile immaginare un mondo senza ferocia pensando che sia più bello?
è ovviamente una semplificazione a grana molto grossa; pur tuttavia, --specificando che con ferocia si intende tutto quanto c'è di bestiale, animale, istintivo, iracondo, buio in noi-- a me sembra una domanda sensata. va bene, sto usando concetti senza aver chiarito bene cosa ci sta sotto, verissimo e sono il primo a starci scomodo, ma cerchiamo di resistere e vediamo dove si arriva.

in un libro di Russell (storia della filosofia occidentale), la stessa questione è posta come piccolo dialogo virtuale tra buddha e nietzsche. il secondo: difensore della brutalità, ssotenitore della sofferenza, della necessità e, di più, desiderabiltià dell'oscuro: i suoi eroi sono Napoleone, Sigfrido, Achille..insomma personaggi spregiudicati ma forti, singole figure con un lato splendente, nobile (parola che gli sarebbe piaciuta) fatto di grandi e gloriose azioni, ed uno oscuro, meschino e menefreghista. il primo: difensore di una fratellanza universale, sognatore del tramonto di ogni forma di sofferenza a danno di qualsiasi essere vivente, di un egalitarismo incondizionato, della fine di ogni spigolosità e ruvidità in favore della vita serena, senza intoppi, senza dolore.
nietzsche non ci sta. il sogno senza dolore del buddha gli sembra un incubo. la vita senza sofferenza, la serenità beata, senza ostacoli da superare, senza sfide da vincere, sono per lui l'essenza dell'insipidità, la stagnazione più totale, senza più alcuna possibilità di migliorare, di superarsi e di essere quindi grandi e gloriosi. è proprio quel muro di buonismo razionale contro cui intende scagliare tutta la sua filosofia.
allora: a primissima vista, a uno che ti chiede Preferiresti una vita col dolore o una senza? tutti quanti (va bè, molti) non avrebbero dubbi.
però sono convinto che pensandoci un po' meglio e soprattutto con un po' di onestà, altrettanti riconoscerebbero che quel che dice nietzsche non è solo un'accozzaglia di provocazioni deliranti: c'è qualcosa che attrae (perlomeno) la mia onestà in quello che dice, e il fatto che abbia parlato quasi solo di questo lato della storia la dice lunga.
questo premesso, io sto dalla parte di buddha. ma, come d'altra parte dice Russell, non è una convzione di ragionamento...insomma, non è così evidente dove stia e quale sia il punto debole della visione 'fiera' che mi faccia dire, no no, non è così. è più una qualcosa di inconscio, un sentire una nota stonata ma non capire bene quale sia, un rifiuto di accettare Sigfrido come modello collettivo ('collettivo' invece non sarebbe piaciuta).

[william blake]