giovedì 23 settembre 2010

da che pArte stai?

Ho letto da poco un libretto di Baricco sulla musica. Mi ha fatto pensare un po' e mi ha fatto venire voglia di scrivere qualcosa. E ho pensato di scriverla qui. Il libretto di cui parlo è quello con il titolo astruso sulle mucche di Hegel, che francamente non ho ben capito, ma non è quello l'importante e non è importante nemmeno il libro. Mi ha semplicemente fatto partire una riflessione sull'Arte, che schiaffo qui.

L'Arte è una di quelle cose, come l'Amore, che si usano spesso - le parole intendo - e si usano a nobilitare l'oggetto o la situazione a cui si riferiscono; ma che non hanno una vera definizione.
Da quanto posso capire, la tendenza è quella di considerare artistica qualsiasi produzione "creativa" (dovremmo fare poi i conti con questo fastidioso aggettivo). Può andare, certo. Una definizione non deve rendere conto a nessuno. Il problema però è che questa parola, arte, ha ormai un blasone di nobiltà e levatura che non gli si può attaccare una definizione qualsivoglia.
Perché non c'è nulla di nobile in uno scarabocchio, per quanto creativo possa essere.
E qui sta una "piccola" patologia del mondo artistico. Se l'autore dello scarabocchio ha fortuna, o gli agganci o anche solo il carisma e carattere per iniziare a fare breccia nella società (lui, non lo scarabocchio), i suoi lavori saranno Arte. Non c'è nulla da fare, è così. E la gente andrà a vedere le sue mostre e magari si emozionerà davanti ai suoi quadri (ora lo sono) non rendendosi conto che questa emozione è sì accesa dalla tela, ma rimarrebbe un insignificante lumicino se non fosse per tutta l'amplificazione che sta dietro e attorno all'autore. E se il fine giustifica i mezzi, va tutto bene, l'emozione è arrivata. Ma non è questo che critico. Il punto è che continua a non esserci nulla di nobile nello scarabocchio; non è Arte per me.

Io ho una mia specifica definizione. Non è completa, ha bisogno di altri paletti, ma è un punto di partenza: è artistica qualsiasi produzione volta a consegnare nel modo più efficace possibile un messaggio, un significato.
Questo eliminerebbe dall'ala protettrice e rassicurante dell'Arte molte prduzioni creative. Ad esempio rimangono esclusi quasi in toto diversi capisaldi dell'arte imparata a memoria a scuola: architettura, pittura, scultura e anche musica.
Questo non vuole assolutamente significare che non siano cose nobili e importanti e anche estremamente creative, ma non hanno un significato, se non raramente e solo allora diventerebbero, secondo la mia definizione - ossia secondo me - arti.
Un esempio che mi viene in mente è Guernica. Quello non è solo un disegno. Questo voglio dire. Finchè si disegna o si scarabocchia qualcosa, per quanto bello o ben fatto, non c'è contenuto. Le cattedrali di Rouen di Monet sono stupende, tolgono il fiato viste dal vivo, ma non hanno niente dentro.
Stessa cosa con la musica. La musica pura (e dunque gran parte della musica classica) ha una grande capacità emotiva, ma non aggiunge nulla all'anima di chi la ascolta. Mi spiego: potrà l'ascoltatore provare tristezza o gioia o forza, ma senza un motivo. Questi sentimenti sono generati dalla tecnica musicale, sono per così dire sostenuti dall'andamento della melodia, ma non hanno un fine, non vanno da nessuna parte.
Dunque è il significato che, secondo questa definizione, fa di un'opera un'opera d'arte.
In questo senso la poesia potrebbe essere la vera scheggia d'arte. Il modo più secco e puro di fare arte. Ma in realtà io credo che la canzone sia più efficace. In questo sono decisamente contro corrente: la musica cosiddetta popolare è di solito snobbata dalla nicchia intellettuale. Ma la "poesia musicata" è il veicolo perfetto per convogliare un significato, perché la musica fornisce quella piattaforma di sostegno per l'emozione che permette al messaggio di entrare nel cervello e nel cuore contemporaneamente.
Per concludere, arte è quando ci si emoziona perché si partecipa intensamente di un significato, di un messaggio, che ritroviamo dentro di noi e che sentiamo nostro, quasi avessimo potuto esprimerlo noi così.
(Ovviamente è superfluo dire che si tratta semplicemente di una ipotesi, senza alcune pretese)