martedì 24 maggio 2011

..noialtri.. inter-vallo

[stanchi e un po' rimbambiti dai primi due atti, eccoci finalmente a rinfrescarci un po']


- buona sera, cosa le do
- un caffè grazie
- e per lei?
- latte, un bicchiere di latte caldo
- e come lo vuole, normale?
- sì, normale va bene
- io macchiato
- macchiato?
- sì, macchiato, si capisce
- dunque un caffè macchiato e un latte..
- no no, macchiato è il mio latte, il suo caffè è nero
- ah giusto, un caffè nero e un latte macchiato, ecco
- scusi sa, non è che avrebbe un goccio di latte da darmi
...freddo però


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credo di essere idealista per indole.
mi piace credere che ci sia un modo 'pulito' di fare le cose. mi piace credere fare le proprie scelte (anche molto piccole) guardando le cose da una certa altezza per riuscire a vedere da una prospettiva un po' più ampia, globale, senza strisciare dove sono i localismi ad essere importanti e gli interessi personali ad avere la meglio, alla lunga sia più benevolo per sé e per quelli che ci stanno accanto. E quindi, volendo usare un aggettivo che non mi appassiona, migliore.

con queste piccole idee alla base, ci si costruisce poi una struttura più o meno ordinata di convinzioni, più o meno ragionate, ma comunque sostenute da quanto detto sopra.
potrei grossolanamente riunire tutti coloro che hanno queste --o simili-- convinzioni sotto l'etichetta di idealisti o sognatori.
l'altro estremo è occupato da chi pensa che fare prima di tutto il proprio interesse sia la scelta (di nuovo) migliore, che le teorie sono tanto belle e pulite, ma poi bisogna sporcarsi le mani non solo per cavarsela nella vita, ma anche perché le cose funzionino *davvero* e la società riesca a sostenersi. questo secondo è il gurppo dei 'pragmatici' o meglio dei 'cinici'.

(perdonate la banale e infantile divisione del mondo in buoni e cattivi, spero capiate il livello di generalizzazione con cui la intendo)

io sono molto convinto del mio idealismo e di certo non lo baratterei con nient'altro al mondo.
ma non sono mai convinto di niente a tal punto da non metterlo in dubbio, una volta o l'altra. per cui mi capita di pensare quanto segue:

se al mondo fossero tutti idealisti, tutti a cercare di fare le cose nel migliore dei modi, stando attenti a non fare male a nessuno, a non sfruttare nessuno, a non lucrare a scapito di nessuno...siamo sicuri che una società del genere avrebbe raggiunto il benessere che abbiamo ora? Va bene, qui si potrebbe obiettare che il nostro benessere (di pochi) è seduto sul malessere di molti altri e che quindi senza dubbio una società idealista non avrebbe raggiunto *il nostro tipo di benessere*. è di certo giusto...ma questo avrebbe anche precluso la possibilità di raggiungere quel che abbiamo raggiunto ad esempio nella scienza, o nel pensiero, o nell'arte, ecc..?...insomma, la società che abbiamo, con tutti i suoi difetti e macchie, ha un sacco di cose davvero belle.
non si capisce nulla: sto scrivendo da rincoglionito. vediamo se recupero con un esempio.
software libero contro software proprietario: se ci fossero solo sostenitori del primo, avremmo mai raggiunto quel che abbiamo ora nell'informatica? non credo. E' stato necessario qualcuno che si sporcasse le mani, che ci facesse guadagni, che ci facesse pubblicità...
o ancora: ¿senza Giuda, Gesù avrebbe fatto tutto questo successo?
Questo forse vuol dire che entrambe le prospettive sono necessarie? è difficile da accettare, perché le convinzioni dell'una escludono l'altra...accettare che sia necessario che qualcuno si sporchi le mani, è un po' come sporcarsele, non so se mi spiego.

Tutto questo per accennare al fatto che, pur essendo molto convinto delle mie convinzioni (c'è qualcosa che non va qui), ogni tanto ho qualche dubbio. non sul fatto che sia giusta l'altra visione, ma che siano necessarie entrambe.

c'è qualcosa di familiare in tutto questo.

escher--night&day

venerdì 20 maggio 2011

botte sobria e moglie vuota

questa sera mi era venuta voglia di scrivere qualcosa qui, sul blog.
non ho fatto i conti col fatto (scusate il bisticcio) che non avevo poi molto da dire.
Quindi, mi sono detto, prendi due piccioni con una fava --guarda un po' come i modi di dire sopravvivano di gran lunga alle abitudini che li hanno motivati, oggi basta andare in piazza e basta una briciola, altro che una fava, per prenderne una dozzina, di piccioni-- comunque, Prendi due piccioni con una fava, mi sono detto, Scrivi del fatto che non hai niente da dire.
Ed eccomi qua. in effetti --piccioni a parte-- non ho ancora detto nulla.

ci sono periodi in cui basta un niente per fare partire ragionamenti e visuali 'dall'alto'. altri in cui ti senti come una botte vuota che anche se la colpisici forte, tutto quel che sa fare è rimbombare. chissà cosa determina questo. è semplicemente 'fisiologico'? è dovuto a quel chi si fa? magari quando si è molto impegnati ci si sofferma meno sui ragionamenti...a dire il vero non mi pare, ci sono periodi, anzi, in cui si ha molto poco da fare e l'unico risultato è abbruttirsi e spegnersi ancora di più. dipende da quante e quali persone si frequentano? dipende da se e cosa si sta leggendo?
davvero non lo so. può darsi tutte queste cose messe insieme.

Bene. visto che non vi ho detto nulla e che inizio a faticare nell'intrattenervi, vi butterò lì due cose su un passaggio da un librino di Bauman che sto leggendo (sarebbe meglio dire maltrattando).
Mi pare di ricordare --e non ho voglia di prendere il libro per guardarci, anche se mi basterebbe appoggiare un secondo il portatile, tutto parte dell'abbruttimento di cui sopra-- che dica qualcosa sul fatto che nel mondo contemporaneo, la libertà di scelta è in realtà un'illusione.
Libertà di scelta nel senso più ampio possibile: scegliere cosa mangiare, scegliere come vestirsi, scegliere cosa fare nella vita, ecc...
sarebbe un'illusione perché noi non abbiamo una *libertà* di scelta, ma un *obbligo* di scegliere. Io la interpreto molto personalmente e grossolanamente così: una vera libertà di scelta si ha quando si può anche *non scegliere*, ossia quando si può scegliere di fare qualcosa di diverso da un qualcosa che comunque c'è. Se, d'altro lato, io devo *obbligatoriamente* compiere una scelta, si perde (almeno parte del)la libertà.
Non so se capisco quello che ho appena scritto, né tantomeno se lo condivido. Capisco però la difficoltà insita in una scelta obbligata, con la punizione delle strade che si perdono, e senza il paracadute dell'''opzione di default''.
Troppo comoda?