ancora sull'arte.
sto finendo di leggere ''Goedel, Escher, Bach'' di Hofstadter, che, nell'ultimo capitolo, affronta -- per quanto un po' di striscio -- la questione del significato nell'arte. da lì prendo le mosse.
non ho cambiato idea, sostanzialmente, da quanto detto un'altra volta, ossia che arte e significato sono aggrovigliati inevitabilmente e che non può esistere arte dove non c'è messaggio, dove non c'è contenuto.
Questo contenuto può essere nelle forme più diverse, può essere più o meno difficilmente accessibile e comprensibile, può richiedere anche sforzi e studio, ma c'è.
mi spiego. l'arte è formata da tante componenti e, per molti aspetti, è una di quelle che si possono chiamare 'parole contenitori', ognuno di noi riempie la parola ''arte'' con concetti e definizioni che più gli sembrano corretti, ma non c'è un concetto di arte universalmente riconosciuto (come accade per molte cose, ma per alcune più marcatamente, e credo sia questo il caso).
la cosa più vicina a quel che penso io dell'arte è: una creazione che cerca di fare arrivare un messaggio, un significato, in un modo che sia più efficace e esauriente e duraturo (ecc...) che il semplice 'dirlo'.
l'arte fa arrivare il messaggio con una carica emotiva che incastra quel messaggio più in profondità nel cervello dell'ascoltatore rispetto alla semplice comprensione logica di quel messaggio. (a volte mi pare anzi che quel messaggio si incastri solo *sotto* la comprensione logica e riamanga totalmente a livello emotivo. Ma è lì, nondimeno). questa è grossomodo la mia definizione.
ci sarebbe moltissimo da dire su questo, ad esempio sull'evoluzione storica delle arti, sul fatto che alcune creazioni sono fatte bene e 'a regola d'arte', ma mancano di un reale contenuto, di una forma di messaggio (e dunque, rientrerebbero nella categoria di artigianato, più che arte -- per inciso, Bach stesso (e i compositori a lui contemporanei) erano considerati artigiani, professionisti di un mestiere e niente 'di più'), ma non credo che mi soffermerò su questo. magari un'altra volta.
Hofstadter pone l'accento su una questione, che mi pare esemplare per quel che intendo dire. Lui parla in particolare di John Cage, un compositore del XX secolo che ha tentato con la sua opera di ridare il suono al suono, senza alcuna regola, senza alcun codice sottostante, senza alcun criterio estetico e tentomeno -- appunto -- etico o in alcun modo sensato. 'Musica aleatoria' è chiamata, proprio per dare l'idea che non c'è alcuna regola che possa lasciar trapelare un significato. Il suono *è*. e basta. (Il fatto che sia pressoché inascoltabile pare non fosse un problema per lui)
Una cosa simile vale anche per l'astrattismo in pittura. Non so se dico cose corrette o se sia il nome giusto..insomma intendo quei pittori che dipingono geometrie di colori, alla Mondrian. Lì scompare la 'rappresentazione', il dipinto cessa di essere un simbolo di qualcosa, e perde (almeno superficialmente, io credo) il suo valore di significato, diventando 'solo' pura pittura.
Questi tentativi di de-simbolizzare l'arte, di depurare la creazione da un significato 'umano', di togliere persino la carica emotiva e lasciare, o voler lasciare, solo l'oggetto o il suono che sia...questi tentativi, per avere effetto, sono validi solo quando al visitatore del museo (o al pubblico dell'auditorio) questi tentativi sono stati *spiegati*. O meglio ancora, dal momento stesso che quell'oggetto si trova *nel museo* con l'etichetta dell'autore, da quel momento in poi nasce un 'patto' tra visitatore e artista, una cornice (e il termine non è casuale) all'interno della quale quel quadro ha un significato, che è proprio quello che ho spiegato prima, ossia quello di voler de-simbolizzare l'arte. Tanto è vero che questi quadri sono *spiegati* nei libri o nei cataloghi della mostra. e se sono spiegati, significa che qualcosa da spiegare c'è, eccome. Anzi, paradossalmente sono più da spiegare questi quadri ''senza senso'', piuttosto che --mettiamo-- un quadro di Magritte, che invece dice abbastanza chiaramente quel che deve dire, mettendo in moto immediatamente il ragionamento del pubblico.
quel che voglio dire, o ribadire, è che non si può togliere un senso 'umano' dall'arte, altrimenti cessa di essere arte. Se io, mister nessuno, dipingo due righe su una tela e la metto vicino ad un cassonetto, nessuno la noterà (cioè io). Non è arte questa. Se invece riesco in qualche modo a farla rappresentare in una mostra, allora lo diventa. Perché? perché lì, appeso, quel quadro ha un significato, fosse anche il solo signficato di non avere senso!
(pensate anche a questo: quante volte è il *titolo* di un quadro a fare partire, insieme al quadro stesso, i vostri ragionamenti e le emozioni ad essi legate? Questo è sintomo del fatto che il messaggio è la chiave della creazione artistica. Spesso si sentono artisti, o presunti tali, rispondere alla domanda Ma qual è il senso di tale opera, ecc.., Il senso è quello che le dà ognuno di noi guardandola. A me non piace questo. E' vero che ognuno di noi può 'variare sul tema' e andare anche molto lontano dal punto di partenza, ma il punto di partenza ci deve essere. Una scintilla di senso voluta e pensata dall'artista è necessaria, altrimenti posso ugualmente guardare le nuvole, o un albero o un qualsiasi scarabocchio fatto da chicchesia (non appeso al muro di un museo, s'intende))